MICROCOSMOS

di Maurizio Sciaccaluga

In una scena relativamente suggestiva di Blade Runner il cacciatore di androidi Rick Deckard (Harrison Ford) – dopo aver scannerizzato una fotografia e averla visualizzata sul monitor – decide di analizzare quanto catturato dallo scatto tramite un procedimento di microscopia digitale. Obbedendo ai suoi comandi, progressivamente il computer seziona e isola parte dell'immagine ingigantendola sullo schermo, fino a mostrare tra i dettagli dello sfondo, in apparenza insignificanti, gli indizi necessari per proseguire nell'indagine. Dell'effigie su carta emulsionata da cui Deckard/Ford era partito sembrerebbe essere rimasto ben poco dopo i ripetuti zoom eseguiti dall'elaboratore, eppure – nonostante appaiano mutati o addirittura sovvertiti il contesto grafico, le relazioni, i significati e le motivazioni di forme e colori – il lungo viaggio figurato non ci ha allontanati di un millimetro dalla fotografia di partenza. Tra i pixel esageratamente dimensionati e texture oramai somiglianti a decorazioni geometriche il protagonista riesce nientemeno a leggere un indirizzo (o un numero telefonico) appuntato su un minuscolo foglietto, riemergendo poi alla realtà e alla giusta misura delle cose dopo quel tuffo in apnea dentro un microcosmo scandito da infinitesimali e sterminati orizzonti.
L'opera di Dany Vescovi mette in mostra il medesimo approccio nei confronti della sembianza esteriore e apparente delle forme di vita naturale: tramite una cinematografica carrellata in avanti – capace i restringere gradualmente il campo visivo fino a trasformare la camera (lo sguardo dell'artista, la cui "ripresa" è "trasmessa" sul quadro) in un teleobiettivo – individua in ogni figura le tracce di una tra le molte altre che contribuiscono a comporla, la cristallizza in un fermo-immagine, la sfalda e smaterializza in un fuori fuoco e procede oltre, verso un universo ancora più piccolo e difficilmente identificabile, verso quella texture che potrebbe essere anima e ragione profonda dell'esistenza. Si tratta di un "viaggio allucinante" in direzione del tessuto elettronico o il punto tipografico che fondano il processo di definizione della riproduzione, verso quell'ipnotizzante mondo parallelo e impercettibile che dimora in una molecola. Come in una delle sequenze iniziali di Terrore dallo spazio profondo di Philip Kaufman (1978) – in cui la cinepresa, partendo da un pianeta lontano, si tuffa in picchiata contro l'immensità della galassia e del sistema solare, punta la terra, buca l'atmosfera e le nuvole, intravede i continenti emersi, poi mira una nazione, una pianura, una città, un quartiere, alcuni palazzi, un isolato, un piccolo giardino e infine una foglia, dove si ferma per mostrare una goccia d'acqua piovana che s'infrange nel verde (il tutto in pochi secondi di pellicola proiettati a velocità vertiginosa) – la narrazione di Vescovi è un racconto concentrico che accenna e dimentica i contorni, preferisce i movimenti di macchina alla definizione del soggetto, crea una storyboard scandita dagli appunti di ripresa. Le realtà dapprima evocate poi superate si smarriscono come quelle onde centrifughe che increspano le acque, mentre – in mancanza di dialoghi e di una voce fuori campo i quadri parlano tra loro un linguaggio filmico (anche nel senso di "progressivo") solitamente affidato alla messa a fuoco alternata, alla carrellata laterale, all'inquadratura soggettiva e al controcampo. Dany Vescovi affronta la costruzione del lavoro in modo seriale, struttura e dipinge gruppi di opere che dialogano tra loro – pur necessariamente divergendo nel cammino e nell'introspezione – in una sorta di continuo avvicendamento in primissimo piano allo spettatore, supera e si lascia alle spalle la serie pittorica immediatamente precedente come se avesse il solo significato di motivare ed edificare l'impegno successivo. In realtà, osservando quale unicum l'intero percorso dell'artista, è possibile scorgere la chiara intenzione di rintracciare e determinare – in qualcosa di estremamente piccolo e leggero – il peso effettivo e reale della civiltà per immagini che inevitabilmente ci ingloba e condiziona, che sembra non avere fine né inizio. Ciò che appare non è altro che il risultato di pixel e motivi sapientemente intrecciati, dove personaggi e animali si muovono in frattali (facilmente riproducibili tramite applicazioni informatiche) in apparenza veri quanto un calcolo matematico, in cui i protagonisti "vivi" potrebbero essere comandati da una tastiera e colorati da "photoshop". Vescovi scava per giungere fisicamente – e finalmente intendere – fino alla colorazione fredda ed elettronica di un anemone morbido e reale, fino alla strutturazione geometrica e algebrica di un fiore caldo e profumato. Per capire infine che tutto e tutti sono in parte Lara Croft e in parte Indiana Jones, un po' Pacman e un pizzico 007. Ovvero profumano di celluloide e si nutrono di softwares, vivono in una pellicola già girata e sono prigionieri di un computer, sono smontabili e ricostruibili, programmabili attraverso equazioni. Non possono essere ritratti, se non nei minimi particolari, perché non è detto che esistano. O forse l'artista, arrivato al quark e all'infinitesimale, troverà e dipingerà il tessuto vitale della splendida Tomb Raider, mostrandoci quell'anima e quella vita che dimorano anche nelle logiche e in quelle texture che crediamo duplicabili e riproducibili. Dany Vescovi, pittore, sfugge al concetto e alla prigionia del quadro poiché il suo lavoro non cattura la realtà né immagina ad essa qualcosa di alternativo: adopera tela e pennello per esplorare e intuire quale sia la materia sulla quale dimoriamo, con cui quotidianamente ci confrontiamo. "Taglia e incolla" e "drag & drop" sono i concetti sui quali la moderna grafica informatica ha basato gli stilemi costruttivi di nuove e rivoluzionarie immagini, coniugazioni prima impossibili di scenari e protagonisti lontani e incompatibili; il taglia & incolla di Vescovi punta invece a svelare gli ultimi segreti – quelli più profondi e nascosti, invisi solitamente alle tecniche riproduttive e concettuali – di effigi e icone tra le più classiche della storia della pittura (animali e fiori), nella speranza che possa formarsi davvero – prima di procedere alla costruzione di un nuovo universo – una piena coscienza di quanto già ci circoscrive.

DMC Firewall is a Joomla Security extension!