IN VACUA FLORIBUS

di Vera Agosti

Fiori
da uno scalino d'oro, _ fra i cordoni di seta, le garze grigie, i verdi velluti e i
dischi di cristallo
che anneriscono come bronzo al sole, _ vedo la digitale schiudersi sopra un
tappeto d'argentee
filigrane, di occhi e di capigliature.
Monete d'oro giallo sparse sull'agata, pilastri di mogano reggenti una cupola
in smeraldi,
mazzi di raso bianco e anelli fini di rubino cingono l'acquatica rosa.
Simili a un dio dagli occhi glauchi enormi e dalle nivee forme, il mare e il
cielo, alle terrazze
di marmo attraggono la calca delle forti e giovani rose.
(Arthur Rimbaud)

Nel vuoto coi fiori. Nel vuoto attraverso i fiori, che ci accompagnano sfumando verso il nulla, un niente cosmico, scuro e buio, ma nel contempo rischiarato da minuscole gocce di bagliori iridescenti, come stelle perse e vibranti in un firmamento infinito. L'evoluzione sapiente e calibrata dello studio di Dany Vescovi, da anni dedito al tema dei fiori, è sempre più aperta allo spazio, che diventa protagonista accanto all'oggetto consueto, relegato ai margini, ai confini della tela e del mondo. Uno sfondo che non è più tale, ma acquista preminenza e sostanza al pari del soggetto. L'artista ci si dedica intensamente, con la meraviglia del colore ad olio, inserti in gesso che creano volume, permettendo di lavorare su più piani, sagome disegnate e ritagliate.
Delicate orchidee rosa, tonde bacche arancione, eleganti composizioni floreali non sono che il simulacro della lucida e razionale ricerca dell'artista. Un lavoro lento e minuzioso che indaga con sguardo attento e preciso alcuni dei quesiti fondamentali della storia dell'arte, legati alla percezione, alle sue possibilità e ai suoi limiti. Un'analisi nascosta nella bellezza della forma, intrisa dell'euforia del colore, velata dalla purezza della linea.
Per secoli i fiori sono stati elementi simbolici, legati alla trasmissione di un significato altro, pensiamo alle immagini della Vanitas, in cui la fragile piantina rappresentava la caducità della vita, oppure la "rosa mistica", incarnazione della Vergine e del Cristo. Questa volontà metaforica e allusiva è completamente assente negli intenti di Dany Vescovi, sebbene sia stata ravvisata in diverse occasioni.
L'artista sostiene di lasciare grandissima libertà di interpretazione all'osservatore, affinché si instauri un rapporto intimo e personalissimo tra lui stesso e l'opera d'arte. In questo senso si spiegano i tanti "Senza titolo" conferiti ai quadri, per non condizionare il fruitore con ulteriori indicazioni. Solo in alcuni casi compaiono annotazioni successive, come per esempio le diciture "Campo 1", "Campo 2" che si ricollegano concettualmente all'esperienza dei concretisti negli anni '50-'60, al linguaggio cinematografico e fotografico, ma alludono anche a un chiaro gioco semantico relativo all'ambiente naturale dove i fiori sbocciano e crescono rigogliosi.
I fiori sono e sono stati anche elementi decorativi per eccellenza, ma ancora una volta Dany Vescovi si discosta dalla tradizione centenaria, che sopravvive fino ai nostri giorni, per attualizzare il soggetto, renderlo maggiormente valido, come concetto di "una nuova natura morta", già ripreso più volte in passato. Resta fondamentale quindi l'esperienza di un'esposizione scorsa, De modo amalgamandi, realizzata con Paul Renner nel 2005 a Feldkirch in Austria, nella quale l'artista si era confrontato con i maestri fiamminghi, reinterpretando i loro lavori. L'arte di Vescovi si situa a metà strada tra la vitalità e la spontaneità della natura e l'enfatizzazione delle sue geometrie, dei suoi rapporti armonici e delle sue combinazioni. Per quest'ultima caratteristica è vicina alla ricerca formale dell'Astrazione Neo Geo, di cui tuttavia non condivide null'altro per la singolarità di intenti e risultati. Appare anche distante dalla pop art, che trasforma i fiori in puro elemento decorativo della società consumistica e attraverso i processi industriali e tecnologici della lavorazione dell'immagine elimina ogni coinvolgimento emotivo dell'artista.
Ecco che restano solo suggestioni, quindi, i molteplici pensieri che collegano il lavoro di Dany Vescovi al "ritorno della primavera", all'ikebana, inteso come percorso spirituale zen, o al mondo fantastico dei manga e dell'animazione.

I fiori non sono che il pretesto per creare con forme e colori la figura prima da trasformare, scomporre e ricostruire a proprio piacimento sulla tela, come una sorta di lucido demiurgo, che approfondisce uno straniamento della visione sperimentando senza sosta. Gli elementi vegetali sono scelti da libri e riviste specializzate, oppure tratti da fotografie scattate dall'artista stesso. Queste sono elaborate al computer: solitamente viene scelto solo qualche particolare, che quindi è fratto da elementi di turbamento, costanti e definiti nella loro precisione, come barre verticali, nate per caso, da un errore di stampa, che, ricordando le immagini video che scorrono fulminee, spezzano il fiore, lo riassemblano, ne nascondono alcune parti, mutano la sua struttura intrinseca... L'opera è spesso costruita in base a moduli definiti e ricorrenti, secondo un ritmo preciso, che varia in infinite possibilità come le note di una melodia. Solo questa musica per immagini scandisce l'ipotesi del tempo, che altrimenti sarebbe del tutto assente e dimenticato in un'eterna e incontaminata sospensione.
Il fiore dipinto appare spesso lontano, quasi sfocato e impalpabile, immerso per contrasto in un universo di dettagli finiti, che magari non gli appartengono: rami di altre piante, composizioni assemblate e realizzate dall'uomo, per una natura snaturata e rielaborata.

Dany Vescovi si muove dall'arte astratta, riflettendo sia sugli apporti della storia dell'arte italiana, sia sul panorama artistico contemporaneo internazionale. In passato è stato avvicinato all'esperienza della Nuova Figurazione Italiana degli anni Novanta, periodo in cui si affermava la fortuna del digitale e del video con le relative conseguenze. In realtà, l'artista non si colloca all'interno di un gruppo o di una tendenza definita; è un solitario, che elabora meticolosamente il proprio universo creativo e concettuale, attingendo per ora solo dalla riflessione artistica, senza ricercati sconfinamenti nel campo filosofico e letterario. Come uno scienziato lavora chiuso nel suo laboratorio, ritagliandosi la sua precisa area di ricerca. Non si tratta però di scienza o di matematica, ma di techné contemporanea approfondita. Nella sua ricerca legata alla visione del mondo, Dany Vescovi ne propone una, complessa pur nell'apparente elementarietà, attuale e decontestualizzata.
La teoria non soffoca il fascino dell'immagine, che ipnotizza trasportandoci in una realtà altra, una natura modificata, un universo ancora da esplorare e comprendere appieno, che racchiude in sé un delicato mistero, un nodo da sciogliere che scivola sull'eleganza rarefatta del lino.

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