IL MONDO COME SIMULAZIONE O “NOTHING IS REAL?”

di Meike Vehm

I quadri di Dany Vescovi oscillano tra figurazione ed astrazione. Se li osserviamo a distanza, alle forme colorate e sfocate si lasciano via via associare dei fiori. Tuttavia è impossibile ricondurre chiaramente i fiori e i pistilli in primo piano a determinate specie. Si basano su immagini che l'artista ha scannerizzato da libri e da cui ha poi realizzato in Photoshop nature composte, che in realtà non corrispondono più ad un modello concreto. Ne sono nati esseri ibridi, per così dire mutanti, formulati così artificialmente che, ad un'osservazione più accurata dell'oggetto e ad una riflessione più approfondita sulla rappresentazione, risulta con evidenza infranto l'immergersi contemplativo nella loro estetica, grazie ad un'apparenza artefatta del motivo. Al primo sguardo, forse meravigliosi, ma guardandoli più intensamente questa sensazione rischia addirittura di suscitare l'effetto contrario. Dany Vescovi astrae da immagini di fiori elaborate in digitale. Tuttavia, se in origine sono raffigurazioni nitide e risultano artificiali a causa del loro mezzo, quelle di Dany Vescovi, riprodotte spontaneamente ad olio su tela di lino, sono sfocate:
l'artificiosità del motivo diventa altrettanto evidente, soprattutto per via della tecnica pittorica. Nonostante tutti i suoi quadri siano ad olio su tela, Vescovi nega nell'opera finita qualsiasi traccia del processo di pittura, sottolineando il carattere iperrealistico che contraddistingue le sue opere. Analogamente ai suoi precursori dell'espressionismo astratto o all'artista tedesco Gerhard Richter, Dany Vescovi valuta attentamente la possibilità dei mezzi effettivi per dipingere: il pennello e il colore. Cancella qualsiasi traccia che permetta di capire la genesi dell'opera d'arte e l'aspetto materiale del mezzo "pittura" ed anche con un'osservazione dettagliata delle linee e delle strisce verticali non è possibile affermare inequivocabilmente se le stesse sono state applicate in seguito al processo di pittura dei fiori oppure parallelamente a questo. Tratti sfumatamente percettibili si intonano con linee tracciate in modo più netto. La pittura è riconoscibile come pittura e rivela i propri mezzi: in questo caso olio su tela, una tecnica adottata ormai da secoli. Questo aspetto autoreferente della pittura ha una tradizione che risale agli anni Sessanta ed è sempre stata argomento di discussione fino ad oggi. I quadri di Dany Vescovi la riprendono nuovamente e si susseguono in un ciclo nel quale si trova tra l'altro il pittore Gerard Richter. A differenza di Dany Vescovi, quest'ultimo traeva spunto da fotografie nitide come modello per le sue opere, che nascevano dalla tecnica pittorica sfumata. Risalgono agli anni Ottanta dipinti di genere iperrealistico: ne è un esempio il ritratto di "Betty" del 1991 o il quadro di una candela del 1989. Mentre Richter ricorreva spesso alle fotografie tratte dal proprio album di famiglia o ad oggetti della vita quotidiana, che raccolse più tardi nella sua opera "Atlas", Vescovi utilizza immagini della natura già manipolate. Così facendo si spinge oltre Richter che con i suoi quadri analizzava criticamente l'affidabilità della percezione di un'immagine fedele alla realtà, mentre Vescovi affina la sensibilità per l'artificio e la freddezza di un mondo.
I quadri di Dany Vescovi permettono inoltre alla pittura di manifestarsi come mezzo unicamente fittizio che non potrà mai sostituirsi al reale e tanto meno esserne una finestra. A tal proposito presentano un'affinità con i quadri dell'artista americano David Reed: anche in questo caso figurazione ed astrazione stanno l'una accanto all'altra, con gli stessi diritti. Nelle sue opere appare soprattutto il motivo di una ripetizione infinita, a tratti nitidi e al tempo stesso corrispondenti ad altri sfocati. Tramite l'impiego di colori in Technicolor in corrispondenza con la scelta di un formato a banda larga, nasce una referenza formale con il mezzo "film" ed il suo carattere puramente fittizio. Così come una pellicola hollywoodiana non è mai una realtà ma sempre illusione, la pittura non può mai sostituire la realtà, bensì solo far presente che è impossibile coglierla nitidamente con uno sguardo.
Anche Dany Vescovi sottolinea il carattere artificioso della sua pittura rispetto alla realtà esterna e la realtà della pittura rispetto a se stessa. Le immagini rappresentate non assumono la funzione di una finestra che dà sul reale, ma piuttosto quella di uno specchio che coglie in forma riflessiva le asserzioni sulla percezione della realtà. A differenza dei quadri di David Reed, che, in modo analogo ad un film, richiedono all'osservatore una visione lineare e graduale e lo invitano ad una percezione attiva, quelli di Dany Vescovi lo rimandano sempre alla conoscenza che trasmettono. Questa cognizione riguarda gli aspetti della percezione della realtà che ci circonda. Grazie al tipo di rappresentazione di fiori sfumata e sfocata, dai suoi quadri trapela un certo scetticismo nei confronti del grado di realismo della nostra percezione del mondo naturale.
Per via del motivo dei fiori – un tema costante nelle opere di Dany Vescovi – tali aspetti si spiegano, d'altro canto, come asserzioni formulate dal punto di vista pittorico sul rapporto tra uomo e natura. Secondo una dichiarazione dell'artista, le mutazioni confluiscono in tutti i campi delle scienze naturali e dell'informatica. Ogni volta queste realtà offrono nuove strade alla ricerca, ma allo stesso tempo creano anche nuovi mostri. Come già accennato, Vescovi non fa riferimento a modelli precisi; in questo caso non si tratta di imitazione della natura o di una dichiarazione simbolica che si trasmette tramite specie di fiori consapevolmente selezionate. I "fiori" di Dany Vescovi sono invece il risultato di creature incrociate arbitrariamente che, grazie ai loro colori molto vivaci e al tipo di pittura, che nega il ductus fino a sfociare nell'artificio. Il reticolo di linee e corsie colorate verticali rimanda ad uno sfruttamento della natura diretto contro la sua essenza originaria. La natura già artefatta appare costretta in uno schema calcolato razionalmente, cosicché la sua immagine risulta sfocata. Da una mera visione dei quadri di Dany Vescovi si aprono ambiti di associazione che indicano, tra l'altro, aspetti quali l'ingegneria genetica o il processo di clonazione.
Oltre a queste possibilità concrete di interpretazione, i quadri di Vescovi non hanno solo una funzione rappresentativa, ma anche riflessiva. Con il loro tratto iperrealistico non esprimono esclusivamente messaggi di critica scientifica, bensì pongono anche domande sul limite tra realtà e finzione, soprattutto su quanto questa frontiera sia netta oggigiorno, nell'era digitale dei giochi computerizzati, di Internet e del collegamento mondiale in rete, e si interrogano su quanto sia possibile valicare questo limite. Per questa ragione ai quadri di Vescovi, che appaiono estremi, si possono contrapporre le enunciazioni radicali del filosofo francese Jean Baudrillard. Nella sua monografia, pubblicata nel 1976, dal titolo "Lo scambio simbolico e la morte", nel capitolo "L'iperrealismo della simulazione", sostiene che la realtà si perda nell'iperrealismo, "...nell'esatta duplicazione del reale, principalmente sulla base di un altro mezzo produttivo, quale la pubblicità, la fotografia ecc. Il reale si dissipa da un mezzo all'altro, diventa allegoria della morte...". Nello stadio dell'iperreale si annienta la contraddizione tra il reale e l'immaginario. L'iperrealismo rappresenta l'apogeo dell'arte, del reale a livello di simulacri perché l'iperreale sta completamente nella simulazione. In modo analogo alla teoria di Baudrillard, anche i quadri di Dany Vescovi fanno luce sul rapporto tra la simulazione di un'immagine di una costruzione fittizia di fiori e la percezione della realtà basata su queste immagini. Rappresentando in modo sfocato la realtà riprodotta a livello digitale e costretta in un reticolo di linee verticali, l'artista da un lato sottolinea il carattere irreale del mezzo "pittura" e dall'altro lascia apparire limitatamente la soglia tra realtà e finzione, tra realtà e simulazione del reale.

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