DIRLO CON UN QUADRO. ARTE PER NON ALLERGICI

di Maurizio Sciaccaluga

Tanto per cominciare un testo con una frase fatta – della serie "Non ci sono più le mezze stagioni"- guardando l'opera di Dany Vescovi non si può non pensare "Arriva la primavera, sbocciano i fiori, la natura si sveglia e l'aria è carica di luce e di colore". Banalità dal punto di vista colloquiale, concetti scontati e poco affascinanti dal punto di vista d'un discorso d'intrattenimento ma, se si pensa alla pittura contemporanea e a una sua rideclinazione particolarissima della natura morta, ci si trova davanti a considerazioni affatto banali e scontate, anzi – invece – fortemente significative e rivoluzionarie. Insomma, dopo tentativi e tentativi di cancellare la propria storia e la realtà che sempre le è appartenuta, l'arte – con Vescovi e altri come lui – decide di riconfrontarsi col quotidiano, con la natura, con le forme, coi colori. Se la primavera arriva, anzi ritorna, nelle opere d'arte, non si tratta di un modo di dire senza spessore, ma di una presa di posizione sovversiva e tradizionalista insieme, in controtendenza, in assoluta originalità.
Per accostarsi al lavoro di Vescovi con la giusta attenzione, è necessario prima di tutto partire dall'assunto un po' banale, ma pur sempre vicino al vero, che non esiste una realtà oggettiva, ma piuttosto sono possibili molti modi di osservare e interpretare i vari aspetti del mondo. Un altro presupposto, necessario, è che la pittura, tra le espressioni artistiche, è quella che forse più imprescindibilmente necessita di un contatto con il fenomeno, ovvero con l'apparenza sensibile delle cose. Poco importa che dell'immensa varietà del mondo venga percepito dall'artista un singolo fotogramma, un volto soltanto, un fiore reciso o addirittura che questa immensità eterogenea sia riprodotta nella sintesi astratta di linee e colori che la compongono. Nonostante nelle opere dell'artista milanese i fiori ci siano tutti, così come le tonalità cromatiche primarie, nelle varie gradazioni dal viola al rosso, dal blu all'arancio, dal giallo al bianco, dal verde al nero, l' autore ha scelto un modo soltanto di raccontare la realtà: trovare, catalogare e sezionare i fiori rappresenta per lui un riassunto, uno sguardo su una parte di mondo che nella sua finitezza apparente gli permette pur sempre mille declinazioni espressive, servendosi delle variazioni cromatiche in tutte le loro sfaccettature. La dimensione coloristica è prepotente ed ecco allora che, come un botanico ossessivo, Vescovi effettua la sua catalogazione di una flora quasi lisergica, lontana e differente da ogni tipo di classificazione, sia essa di stampo settecentesco o anche precedente. Una descrizione lontana pure dalle diafane e un po' slavate declinazioni di Georgia O'Keefe, o dagli stilemi liberty e Jugendstjil, lontana dai girasoli di Van Gogh e dalle ninfee di Monet. Piuttosto, la passione un po' ossessiva per il soggetto sembra derivare più dalla filosofia orientale dell'Ikebana, l'arte dei "fiori viventi" o la "via dei fiori", il cammino di elevazione spirituale secondo i principi dello zen. Il suo modo di rappresentazione appare ben più vicino ai manga che ai sobri trattati di botanica occidentali, basti pensare al cartone animato Sandy dai mille colori, quello che narrava la storia di una bambina residente nella città dei fiori che lavorava con la sua famiglia in un vero e proprio vivaio, sempre circondata da profumatissime e coloratissime piante di ogni specie. Un giorno – per essere riuscita a non far recidere un dente di leone - viene investita dai folletti della terra dei fiori di poteri straordinari e, da quel momento in poi, agitando in aria la sua bacchetta magica e pronunciando la formula "Magia dei fiori dai mille colori", può dare vita ai suoi disegni. Il mondo di Sandy, così come quello di Vescovi, è un universo fantastico dai colori accesi, regolato da una simbologia apparentemente elementare, ma profondamente poetica: è un invito ad usare la fantasia, in un mondo floreale in cui la creatività si esprime con colori e pastelli. Il lascito dell'Occidente tuttavia non manca e Vescovi si trova inevitabilmente a dover pagare il suo tributo anche alla civiltà dell'immagine: là dove i colori avevano nei maestri del passato la delicatezza del pastello o la forza dei pigmenti di terre mescolati ad olio, qui c'è la prepotenza di tinte quasi fluo, di tonalità multicolor, non del tutto immuni dalla visione delle immagini "a video", condizionamento categorico e omologante del contemporaneo. La presenza iconica dell'immagine si disfa continuamente in una raffigurazione fatta di una eterna alternanza tra elementi geometrici (soprattutto linee verticali), poi ricomposti in fiori e dunque scomposti nuovamente, fin quasi a non lasciare la possibilità di indovinare dove finisca l'uno e dove cominci l'altro, fino a non
distinguere più dove la geometria si faccia elemento naturale e viceversa. Il continuo slittamento dei piani (sfida ai Postulati di Euclide) col suo movimento intrinseco prima spiazza l'osservatore, poi lo conquista col colorismo brillante che colpisce l'occhio, là dove la forma viene ricostruita e l'elemento fenomenico fa la sua comparsa sulla tela. Fondendo nel lavoro Oriente e Occidente, cultura popolare e poesia, citazioni colte e considerazioni scientifiche, l'artista lavora sulla scomposizione dell'immagine con un risultato che potrebbe sembrare altamente tecnologico, mentre è il frutto di lunga perizia tecnica e di un accuratissimo procedimento pittorico. Non matematica dunque, ma lirica, filosofia, trasporto. Non esiste una reale partizione tra primo piano/figura e sfondo: tutto sembra mischiarsi, mantenendo pur sempre una forte
autonomia di ogni elemento nei confronti del contesto che lo racchiude.
In un'epoca di consumismo dell'immagine come quella attuale potrebbe venire quasi da chiedersi che senso abbia procedere sempre sulla stessa strada, senza mai l'ardire di scostarsi dalla descrizione della natura per dedicarsi anche a diversi aspetti della realtà. Ma l'artista ha trovato nel fiore un'affinità particolare, ne ha fatto il suo soggetto, un tema veramente interessante come accadeva in passato, e la riproposizione incessante permette di arrivare a conoscerlo profondamente, a svelarne totalmente il segreto della forma e della sostanza. Quello di Vescovi è un perfezionismo quasi maniacale che raggiunge risultati incredibili, è un'arte estetizzante,
auto-referenziale, una ricerca sistematica sul segno e sul colore che scaturisce in visioni optical.
A volte la scomposizione avviene ad un ulteriore livello: l'immagine è formata dall'unione di più tele di piccole dimensioni, anche se il close-up sulla parvenza fenomenica - il fiore - rimane confinato in una soltanto di esse. Non si dimentichi inoltre tutta la simbologia, talvolta anche un po' kitsch, legata al mondo floreale: i fiori hanno un loro linguaggio, un loro significato che si esprime nel regalarli, piantarli, reciderli, una tradizione che da sempre tira in ballo la vite e la morte, l'amore, la gioia. L'artista non evoca mai tutto ciò ma chi guarda, a diverso livello, inconsciamente sente questi significati e li usa per "sentire" le opere in maniera differente, passionale, forte. Ad esempio le rose rappresentano il segreto, i tulipani il vero amore, le margherite semplicità e purezza, i crisantemi il dolore, i ciclamini l'addio, il fiordaliso la delicatezza. E poi ancora orchidee, gladioli, papaveri, begonie, girasoli... per dirlo con un quadro!

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