LE RENIEMENT DE PIERRE

di Alberto Zanchetta

Ricordarsi che un quadro – prima di essere un cavallo da battaglia,
un nudo o un qualche aneddoto – è essenzialmente una superficie piana
ricoperta di colori riuniti in un certo ordine [Maurice Denis]

Per Georg Simmel l'immortalità, e non la morte, è il contrario della vita. Con l'opera "Garden" Marc Quinn portava a compimento il paradosso all'interno di un cubo in acciaio: forme vegetali immerse in una soluzione di silicone che, a costo della vita, le rendeva immortali. Piante e fiori erano infatti morte, preservate nel loro statico seppur spento splendore, elevandosi a rango di icone. Si attuava così il proposito dell'ikebana, mantenere vivo ["ike-ru"] il fiore ["hana"] nonostante il gambo reciso (disciplina più complessa del kado che si limita soltanto alla disposizione nel vaso). Dany Vescovi disattende le allegorie attribuite alle nature morte del XVII secolo, i suoi fiori negano il memento mori, alla vanitas replica con il principio di ordine e perfezione delle forme. Scalzando l'effimero con l'elisir di lunga vita, Vescovi pone in dialettica le leggi della natura con le leggi della matematica: forme organiche, morbide e molli, sezionate dai cartesiani della geometria. Sotto il profilo delle cose naturali l'artista indaga l'illusione dell'immagine – contraddicendola senza disconoscerla – perseguendo un allenamento dello sguardo con cui giunge alla preterizione del soggetto.
Morte e resurrezione; Adone, Aiace, Clizia, Croco, Giacinto, Narciso, sono alcune figure della mitologia mutate in fiori. Ancora oggi la necessità dell'embodiment perdura in una certa frangia dell'arte, anche se involgarita da un significato più letterale. Qualora si scorresse la collezione di Pontus Hulten non passerà inosservato un piccolo quadro di Rauschenberg dal sintomatico titolo "One question, one answer (What? Look)" che ci rimanda alla nota sentenza di Frank Stella, what you see is what you see. Nel caso di Vescovi non c'è idiosincrasia per il soggetto, ma la realtà non è quella della natura bensì quella della pittura. L'immagine è del quadro, ed esso intende rappresentare le sue qualità. Benché siano attributo dell'olfatto, una volta dipinti i fiori vengono privati del loro effluvio, eccetto quello del colore ad olio. Aromaterapia che si riconduce alla seduzione coloristica, a viraggi che rasentano il monocromo ma che a ben guardare sono pervasi dalla policromia. Vescovi non vuole essere un novello Dioscoride, egli non si cura di catalogare il mondo floreale. Il soggetto è per lui anonimo, un infingimento che gli permette un distacco emotivo, neutralità che tende solo alle necessità e alle possibilità della pittura. A più riprese paragonato alla corrente Neo-Geo (per quella conclamata promiscuità di figurazione e astrazione), Vescovi trova la sua precettistica nelle opere Hard Edge. Inevitabile il richiamo ai disegni realizzati da Ellsworth Kelly tra gli anni '40 e '70, su cui è lecito interrogarsi «Why does the most consistently and stringently abstract of painters retain, in a large number of his drawings, an interest in and apparent fascination with easily recognizable natural forms?»1. Domanda che si rinnova nello specifico di Vescovi, pervenendo ad analoghe motivazioni.
Nel Cinquecento la cattedra di botanica era detta "dei Semplici" (le specie allora conosciute erano poche centinaia). Ma cosa c'è di semplice nella natura? La tassonomia pretende d'essere assoluta e chiarificatrice risultando imperfetta di fronte alla natura. «Tanta manifattura – diceva Caravaggio – gli era a fare un quadro buono di fiori, come di figure». In modo del tutto proporzionale ciò varrebbe anche per l'astrazione. Sarebbe ridicolo ostinarsi a parlare di minor pictura, altrettanto controproducente limitare ogni discorso all'ancien régime dei generi artistici. Nell'incipit faustiano di Goethe si legge "in principio era l'azione", desinenza che si rinviene tanto nella figur-azione quanto nella astr-azione, condizione inalienabile del fare, perché più si agisce e meglio se ne comprendono le dinamiche2. L'ars minoris delle nature morte e l'antica arte dell'ikebana ci hanno tramandato il valore simbolico del fiore; elemento spirituale nonché emblema della caducità della vita umana, il fiore si esprime nella vivacità dei colori e delle forme procurando un piacere incondizionato quale trionfo dello spazio, della luce, dei colori. Prerogative su cui si fonda la ricerca di Vescovi, e che attraverso un escamotage relegano il motivo floreale a un fattore puramente esornativo (a un residuo di basso profilo?). Ma se Loos tacciava l'ornamento d'essere un delitto, Thomas De Quincy considerava l'assassinio as one of the Fine Arts. "Crimini" che dobbiamo far risalire all'impero bizantino, apogeo sia dell'icona che dell'iconoclastia.
All'icona di Quinn si contrappone quindi l'iconoclastia di Vescovi, una "lotta conto le immagini" che non intende abolirle bensì sacrificarle per attuare il delitto perfetto di cui parla Baudrillard. Anziché negare la rappresentazione essa viene concupita fino all'esasperazione. In tal senso i macro-ingrandimenti di Vescovi hanno sulla pudicizia della natura l'effetto di un rossore virginale, facendo sfociare la verecondia in un'ipertelia. Nei particolari vi è un'ovvio pleasure che sarebbe facile associare alla sessualità (dopotutto il fiore è la parte delle piante che porta gli organi della riproduzione), varrebbe perciò la pena sconfinare in quella pornografia che tanto ossessiona la nostra cultura, quantomeno per rifarci all'accezione di Baudrillard: a una immagine talmente evidente da sparire. Svelata fino alla banalità, la realtà ne risulta brutalmente inficiata. Il ludibrio assolve però l'artista, egli non ha bisogno di alibi perché nei tempi antichi la prostituzione fu «una consacrazione del primo istante dell'esistenza della nuova creatura alla quale si dava la vita»3. Il meretricio dell'immagine è dunque il primo movens per la pittura di Dany Vescovi.


1 Barbara Knowles Debs, Ellsworth Kelly's drawings, in "The Print Collector's Newsletter" vol.III n.4, New York settembre-ottobre 1972.
2 l'aveva messo in chiaro Marco Meneguzzo: «Ogni quadro di Dany Vescovi è pittura e rappresentazione, processo e soggetto, il come e il cosa, con la serena consapevolezza di agire per il godimento dei sensi, per qualcosa che prima di essere bellezza è semplice azione: dipingere è umano» [in Natura naturans, catalogo personale galleria Paolo Majorana, Brescia 2002].
3 a Restif de la Bretonne dobbiamo la definizione di "pornografia", termine coniato nel trattato de Le Pornographe [in Italia pubblicato dalle ed. ES, Milano 1993].

 

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